Tre passi per diventare uno storyteller organizzativo

PERCHÉ DIVENTARE UNO STORYTELLER ORGANIZZATIVO

È da tempo ormai che molta della comunicazione organizzativa – in particolare quella verso l’esterno – utilizza storie evocative e di forte impatto emotivo per costruire la propria immagine e vendere i propri prodotti.

È difficile imbattersi in un servizio o in un prodotto che non sia corredato di un racconto suggestivo che tocchi le emozioni oltre che la mente delle persone. Anche le imprese puntano sempre di più a presentare se stesse come protagoniste di grandi narrazioni, a volte epiche a volte più familiari e rassicuranti, ma pur sempre storie.

"C’era una volta…"

La storia ha infatti questo grande potere di parlare contemporaneamente alla nostra ragione quanto alle nostre emozioni. Quest’ultime sono sempre state un elemento chiave dell’efficacia comunicativa ma, in questo periodo di ansia e preoccupazione globale, la capacità di gestirle efficacemente è diventata una competenza sempre più richiesta.

In un periodo di grande incertezza – e di maggiore isolamento delle persone – mantenere una comunicazione costante, anche a distanza, capace di parlare non solo alla mente ma anche al cuore degli attori organizzativi può rappresentare uno strumento davvero efficace per supportare i team e gli individui.

Le storie trasmettono valori e “rinforzano” la cultura che esprimono attraverso situazioni evocative e più vicine alle persone. Dove il pensiero “analitico” elabora dati quantitativi, il pensiero “discorsivo” dello storytelling è molto efficace nel condividere norme, valori e conoscenze implicite utilizzando immagini ed emozioni che possono rassicurare, sviluppare fiducia e voglia di impegnarsi: la ragione genera nuove idee ma è la narrazione che le rende comprensibili e motiva le persone a realizzarle.

Se siete arrivati fino a questo punto nella lettura dovreste aver trovato la risposta alla domanda da cui siamo partiti per cui veniamo alla proposta di pochi, semplici passi per cominciare a sviluppare la nostra capacità di narrare storie.

IL PRIMO PASSO: LA FINE È L’INIZIO

Che ci crediate o no, un punto essenziale dello storytelling è avere qualcosa da dire: un’idea, un concetto, una riflessione.

Potremmo dire quindi che una buona storia nasce dalla sua fine, ovvero il messaggio che l’autore vuole comunicare: questo capita quando pensiamo di avere qualcosa da dire, qualcosa da condividere, un messaggio che ha per noi un valore e che pensiamo possa averne anche per gli altri.

In ambito organizzativo questo parte dal livello “alto”: l’azienda trasmette la propria mission, i propri valori attraverso il racconto dei suoi inizi e delle persone che hanno creato e accresciuto l’organizzazione stessa.

Questo può capitare però a tutti i livelli: un collega più anziano che vuole spiegare come funzionano le relazioni all’interno del team racconta al neoassunto un aneddoto strano o divertente di vita quotidiana su quello che succede in riunione; un responsabile cerca di spiegare le ragioni di un piano di sviluppo al proprio collaboratore raccontando la propria esperienza quando si è trovato al suo posto anni prima; un team cerca di farsi forza in un momento difficile raccontando vecchi successi in situazioni passate.

In altre parole, se volete fare storytelling dovete avere qualcosa da dire.

SECONDO PASSO: PREPARARE IL PALCOSCENICO

Le vicende umane sono varie, complesse e multiformi ma la struttura attraverso cui la narriamo si basa su alcuni elementi essenziali che tutte possiedono.

Per potersi definire tale, una storia deve quindi avere:

Tutte le storie narrate dall’alba dell’umanità a oggi sono costruite con questi elementi. Possono essercene di aggiuntivi (come, ad esempio, gli Aiutanti del/la Protagonista) ma questi sono quelli davvero essenziali.

Uno storyteller può utilizzare questa struttura con elementi tratti dalla propria vita oppure da esperienze altrui che conosce bene ma tutto parte sempre dal messaggio che vogliamo trasmettere.

TERZO PASSO: PRATICA, PRATICA, PRATICA

Una volta che abbiamo il messaggio e la struttura siamo pronti per partire.

Non sembrerebbe un passo difficile da compiere, in fondo passiamo molto tempo a raccontare storie.

Quando però lo vogliamo fare con un obiettivo specifico, come comunicare un messaggio preciso, potremmo sentirci un po’ meno sicuri di noi stessi e trovarci senza ispirazione.

Come in tutte le forme d’arte – e lo storytelling è un’arte – se siamo poco pratici o non abbiamo molte idee, il modo più semplice per imparare è copiare da chi ci ha preceduto: se vogliamo diventare bravi storyteller organizzativi possiamo cominciare provando a trasmettere il nostro messaggio in modo “semplificato”, utilizzando cioè immagini e riferimenti “allegorici”, ovvero non direttamente legati alla realtà d’impresa ma a cui tutti possono relazionarsi facilmente.

Proviamo a fare un esempio.

Partiamo da un tema sempre attuale e che in organizzazione è sempre importante: la capacità di gestire efficacemente il processo di cambiamento.

In quanto professionisti esperti abbiamo fatto esperienza di diversi cambiamenti organizzativi e, quasi sicuramente, abbiamo in testa un “modello” relativo a questo processo. Ipotizziamo di voler introdurre un collega più giovane e meno esperto alle tappe di questo processo, agli ostacoli e alle buone pratiche che conosciamo per gestirlo al meglio.

Una possibilità potrebbe essere di mettergli in mano un manuale di comportamento organizzativo che descrive analiticamente la strada che porta da uno stato A ad uno stato B. Scelta logica ma non particolarmente efficace: un cambiamento organizzativo ci tocca a più livelli e quello cognitivo è il più facile da gestire; in quanto colleghi più anziani, vorremmo preparare il nostro collega meno esperto a ciò che può avvenire anche a livello emotivo, perché abbia un’idea dei malumori, dei conflitti e degli imprevisti che, inevitabilmente, un processo di cambiamento comporta.

Una storia sembra quindi lo strumento ideale per affrontare l’argomento.

Siamo sicuri di avere una storia personale che riesca a rendere in breve un simile processo?

Se la risposta è sì non avete altro da fare che cominciare a raccontare.

Se la risposta è no allora, probabilmente, vi trovate nella situazione più comune: avete l’esperienza dell’intero processo ma si tratta della somma di diverse vicende avvenute in diverse situazioni e in tempi diversi… impossibile raccontarle tutte a meno di non avere diverse ore a disposizione!

Cosa fare quindi? Uno storyteller “in formazione” potrebbe organizzare i propri contenuti in una forma di racconto “allegorico”, prendendo la struttura che abbiamo presentato ma utilizzando immagini fittizie e appartenenti allo stesso contesto “immaginifico” in modo da poter raccontare i nostri contenuti reali all’interno di una storia “simbolica”.