PICTURES IN (CONSTANT) MOTION

Se, come me, siete nati negli Anni Settanta (o prima) avete avuto la possibilità di vedere la nascita, lo sviluppo e il raggiungimento della maturità dell’utilizzo del materiale filmico in formazione, dai suoi primi passi a cavallo degli Anni Ottanta e Novanta del secolo scorso fino ai giorni nostri.

Se, invece, appartenete a una generazione successiva, siete consapevoli che gli audiovisivi rappresentino una parte basilare dell’apparato formativo, allo stesso modo dei testi (cartacei o digitali) e delle esercitazioni esperienziali.

Che apparteniate all’uno o all’altro gruppo, vorrei ripercorrere insieme le tappe essenziali della storia dell’utilizzo del materiale filmico informazione, un po’ per nostalgia, un po’ per cercare di riflettere sul suo utilizzo presente e cominciare a riflettere su come potrebbe ulteriormente evolvere nell’immediato futuro.

 

I difficili, timidi primi passi: “Il cinema è un’invenzione senza futuro” (in senso formativo)

I fratelli Auguste e Louis Lumière, imprenditori e fotografi amatoriali, nel 1895 creano e sperimentano quello che pensano possa diventare un grande supporto alla ricerca scientifica e alla diffusione della conoscenza, il cinematografo. Visti i risultati, la leggenda vuole che Auguste sentenziasse: “il cinema è un’invenzione senza futuro”.

Visto ciò che è successo, tutti hanno sempre riso alla “miopia” del Lumiere ma, almeno per quanto riguarda la diffusione scientifica, ha avuto parzialmente ragione: occorre infatti aspettare gli anni Trenta (con l’affermazione del cinema sonoro) perché filmati didattici e documentari diventino un prodotto davvero comune. È però conoscenza comune come questo materiale filmico abbia perso velocemente il suo appeal verso il grande pubblico: già negli anni Cinquanta il filmato didattico è sinonimo di noia e inutilità.

Occorre aspettare gli Anni Ottanta perché qualcuno ipotizzi che proprio il cinema di narrazione e spettacolare possa avere, in sé e per sé, un notevole potenziale didattico. È in questo periodo che qualche professore di scuola superiore - e qualche formatore organizzativo - propone la visione di alcuni film come “stimolatori” di pensiero e riflessione. Naturalmente parliamo di film “d’essai”, opere considerate unanimemente degne di attenzione, almeno a livello artistico.

Capitava così che all’inizio di un percorso formativo o, in caso di formazione off-site, alla fine della giornata d’aula ci si chiudeva in una sala e, in un “adeguato” buio da cinema, si guardava un film di cui si sarebbe discusso la sera stessa o, in alternativa, in apertura della successiva giornata di formazione.

Il film era utilizzato esclusivamente in modalità “esemplificativa”: dopo la visione, il docente sottolineava i comportamenti agiti dai personaggi, a seconda degli obiettivi della formazione, andavano commentati o severamente criticati (Varchetta, 2011). Si trattava di una sorta di “cineforum” con obiettivi didattici piuttosto che ermeneutici.

Abituati a lunghe e faticose giornate passate ad ascoltare formatori, i partecipanti reagirono bene a questa nuova modalità, che stimola gli specialisti del settore ad approfondire le potenzialità dello strumento: durante gli Anni Novanta, si produce una notevole mole di studi che certificano il valore del materiale filmico come attivatore emotivo e stimolante cognitivo(Ghislieri, 2006). A questo punto i formatori si sentono autorizzati a mettere a punto modalità alternative alla semplice visione di un film…

 

È nata una stella!

Una prima riflessione a cui si arriva velocemente è che, per quanto bello e interessante, un film non può essere presentato per intero: a parte la lunghezza, che ruberebbe troppo tempo all’interno di un percorso formativo, in un film ci sono molte scene che, relativamente agli obiettivi didattici, sono solo distrazioni.

L’opera necessita quindi di essere “manipolata” e adattata agli obietti della formazione (Cortese, 2014)

 Questi diversi utilizzi richiedono al formatore una professionalità diversa: se la modalità “cineforum” non richiedeva grande preparazione, né del materiale né del docente – uno strumento del tutto “plug & play” – i quattro tipi di utilizzo richiedono un “trattamento”: una volta acquistato il DVD del film prescelto, occorre selezionare le scene, tagliarle, montarle e preparare un minimo di introduzione per “inquadrare” il film e presentare le clip che, fatte vedere “a freddo”, potrebbero risultare poco comprensibili e persino fuori luogo in un percorso formativo.

Oltre alla sensibilità ai temi organizzativi “rinvenibili” nei film, il formatore deve quindi creare un percorso di significato e avere la capacità tecnica di trasformarlo in un video.

Ciò non significa che tutti i formatori a cavallo dei due secoli siano diventati esperti del trattamento di materiale cinematografico ma, più semplicemente, che le clip, equipaggiate delle loro “istruzioni per l’uso”, diventano parte dell’equipaggiamento del formatore tanto quanto gli script dei role-play e delle esercitazioni strutturate.

E così, come già capitato per alcune esercitazioni (chi di noi non ha partecipato a una discussione relativa alla lista di oggetti di “Naufragio”?),alcune scene sono diventate dei grandi classici più volte (ab)usati come, ad esempio, il discorso “dei centimetri” di Al Pacino in Ogni maledetta domenica (M. Scorsese, 2000).

Oltra a ciò, i formatori hanno dovuto affrontare l’ostilità di registi e critici fortemente ostili alla “macelleria”.

Succede così che, a partire dalla seconda metà degli Anni Novanta, il materiale filmico entra in pianta stabile nella cassetta degli attrezzi di quasi tutti i formatori.

 

It’s the ShowBiz Social Media baby!

I primi anni del nuovo Millennio vedono lo stabilizzarsi dello strumento, il raggiungimento della sua maturità e, quindi, la sua evoluzione con l’affermarsi di una nuova modalità di fruizione degli audiovisivi, i Social Media.

Abbiamo visto come i film avessero “eliminato” filmati didattici e documentari agli inizi degli Anni Ottanta e nessuno si aspettava che questa modalità potesse “risorgere”. E invece, grazie alla nascita di YouTube, intorno al 2007 la prestigiosa fondazione che organizza e gestisce i Ted Talk apre il suo canale ad accesso gratuito riportando in auge i “discendenti” dei filmati didattici: si tratta di brevi conferenze (dai 20 minuti all’ora) tenute sia da grandi personaggi sia da personalità “emergenti” di diverse discipline, tutte accomunate da una efficace strategia comunicativa.

I Ted Talk entrano quindi nella “cassetta degli attrezzi” del formatore affiancando il materiale filmico, utilizzati per introdurre /spiegare temi e concetti all’interno di percorsi formativi.

Va detto che, negli ultimi tempi, l’utilizzo di questo materiale è stato ridimensionato perché, a parere di diversi formatori, affidarsi troppo a queste conferenze può dare l’idea di demandare a questo materiale l’obiettivo didattico del corso, dando l’idea di una certa “pigrizia” del docente rispetto al proprio ruolo.

Altre tappe fondamentali sono il 2010 e il 2014, anni di nascita, rispettivamente, di Instagram e TikTok, i Social che hanno ampliato moltissimo la platea di nuovi “autori/interpreti”. L’interfaccia utente di queste app mette a disposizione di formatori e partecipanti uno studio di registrazione e montaggio per creare “sul posto” filmati con valore didattico: dalle simulazioni alla creazione di materiale divulgativo relativo ai principi e valori dell’azienda, i partecipanti diventano contemporaneamente autori e fruitori di materiale filmico autoprodotto.

 

That’s all Folks! (per il momento)

Chiudo questo articolo contraddicendo il sottotitolo dell’articolo: oggi non possiamo parlare più di “materiale filmico” vista la molteplicità di fonti e forme che tale strumento formativo ha assunto. Utilizzando la vetusta (ma più precisa) denominazione di “audiovisivi”, i formatori utilizzano oggi, oltre ai film, serie televisive e miniserie web anche stories, reels e TikTok come strumenti (o supporti) didattici.

Nonostante la varietà, la chiave di questa modalità didattica continua a essere il mix tra l’impatto emotivo e quello cognitivo: la combinazione di immagini e suoni ha, sulla mente umana, un effetto di stimolazione per la riflessione e per la memoria.

In attesa della prossima evoluzione – forse la tanto attesa realtà virtuale che permetterà la full immersion in un ambiente totalmente “manipolabile” – continueremo a guardare film, serie e social alla ricerca di scene da utilizzare in aula.

 

 

 

Bibliografia

Cortese, C., (2014), “Cinema”. In Quaglino, G. P., (a cura di), Formazione, I metodi. Raffello Cortina, Milano.

Ghislieri, C., (2006), “Il cinema per l’apprendimento: una breve rassegna”. In Quaglino, G. P., Piccardo, C., (a cura di), Scene di Leadership. Raffaello Cortina, Milano.

Piccardo, C., Quaglino, G. P., (2006), “Introduzione”. In Quaglino, G.P., Piccardo, C., (a cura di), Scene di Leadership. Raffaello Cortina, Milano.

Varchetta, G. (2011), “La formazione ri-torna al cinema: cronaca di un quinquennio”. In Di Giorgi, S., Forti, D. (a cura di), Formare con il cinema. Franco Angeli, Milano.